mercoledì 29 dicembre 2010

The Lonely Island

Ok...è da una vita che non scrivo qualcosa sullo zucchino ma, questa volta, credo ne valga veramente la pena...
Ho scoperto, quasi per caso, un certo tipo, Andy Samberg, del quale mi sono innamorato..
Non sto a raccontarvi tutta la sua storia ma vi lascio giusto un paio di link per permettervi di farvi un'idea...

http://it.wikipedia.org/wiki/Andy_Samberg

http://www.youtube.com/watch?v=VLnWf1sQkjY

Ciao belli!!!

venerdì 24 dicembre 2010



Un saluto a tutti ragazzi!!!

!!!

Care amiche e cari amici, lontani dai vari formalismi, vi faccio gli auguri con questo simpatico video:


Buon ingrasso e speriamo di vederci al più presto!

mercoledì 22 dicembre 2010

sabato 18 dicembre 2010

Vi Odio, Cari Studenti

" A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri.
Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
"


Nonostante meriti di essere pubblicata tutta, vi ho evidenziato l'ultima strofa.
Ad ogni modo, consiglio la lettura della poesia intera qui e la lettura dei fatti che portarono Pasolini a scrivere questa poesia, qui!

giovedì 16 dicembre 2010

Lettera ai ragazzi del movimento - Roberto Saviano

CHI HA LANCIATO un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee.

Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia.

I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchie reazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicità dei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia martedì. Poliziotti che si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia, frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziotti isolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scena che non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra in strada, questo governo ha vinto ancora una volta. Ridurre tutto a scontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazioni e così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro vengano raccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre e lacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone. Pregiudicandolo, rovinandolo.

Scrivo questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stanno occupando le università, che stanno manifestando nelle strade d'Italia. Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita, pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove la metti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi non arriva a fine mese e aspetta da vent'anni che qualcosa nella propria vita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tirati indietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con una sassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa.

Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il "blocco nero" o come diavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere del movimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il Subcomandante Marcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavano di smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelli quello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cui scintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto più pericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualche secondo.

Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col casco e le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa, continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciare una camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano come esca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, e delatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti i suoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. E' su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere.

Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia di evitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po', per poi tornare a com'era, a come è sempre stato. L'idea di un'Italia diversa, invece, ci appartiene e ci unisce. C'era allegria nei ragazzi che avevano avuto l'idea dei Book Block, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa di coscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tutto parte dai libri, dalla scuola, dall'istruzione. I ragazzi delle università, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vedere con i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat sia affrontare il capitalismo. Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo.

Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età e per - Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giorno contro tutto quello che sta accadendo - abbiamo i nostri corpi, le nostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non i soliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano "parole d'ordine". Questa era la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna. Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanare i violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serve per pensare, non per fare l'ariete. I book block mi sembrano una risposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza sapere cos'è l'anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fare agli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Si nasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in grado di vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allo studio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e non si nasconde, anzi fa l'esatto contrario. E se le camionette bloccano la strada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stanno arrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, a chi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono diritti da difendere, che c'è chi li difende anche per loro, che c'è chi garantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica e democratica perché è questa l'Italia che si vuole costruire, perché è per questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sulla porta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più che bruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questo paese. Questa è l'unica battaglia che non possiamo perdere.
©2010 /Agenzia Santachiara

(16 dicembre 2010)



tratto da Repubblica.it, 16.12.2010

lunedì 13 dicembre 2010

Cosa significa "serietà" ?

Articolo di Mattia Feltri, pubblicato sul quotidiano La Stampa in data 11/12/2010.

L’occasione mancata dopo una vita da peones

Deodato Scanderebech, già di Forza Italia, poi dell’Udc, poi di “Al centro con Scanderebech”, poi dell’Udc, poi del Pdl, oggi dell’Udc, non si capacita del perché lo accreditino di imminente salto della quaglia. «Spiace leggere ancora una volta il mio nome associato all’ignobile campagna acquisti. Voglio ribadire con estrema chiarezza che sono del tutto immune a questo genere di squallide pratiche. Voterò convintamente la mozione di sfiducia a Silvio Berlusconi», ha detto giovedì il deputato eletto in Piemonte. Sarà il curriculum, sarà una recente e non apologetica sentenza del Tar («l’onorevole Scanderebech ha tradito lo spirito della legge regionale, ha tradito gli elettori dell’Udc, ha tradito addirittura tutto il corpo elettorale...»), ma in effetti chiunque era in attesa dell’ultima carambola.

Ma non è certo Scanderebech il problema. Sono giorni così. Giorni di vasto ed estroso protagonismo, in cui emergono i parlamentari del sottoscala improvvisamente innalzati all’attico della politica. Domenico Scilipoti, dell’Italia dei Valori, è uscito dal partito perché due giorni fa, né uno in più né uno in meno, dopo trenta mesi da dipietrista si è sentito umiliato dal partito in cui credette e che in cambio «mai ha spinto una mia proposta di legge sull’agopuntura». Atterrito all’idea di un paese far west in tema di agopuntura, Scilipoti è approdato al Movimento di Responsabilità Nazionale insieme con l’ex veltroniano Massimo Calearo e con Bruno Cesario, ex democrisatiano. I tre non hanno ancora un’intesa su che fare martedì, ma la troveranno. Intanto, però, Cesario ha spiegato di non essere stato lui a lasciare il Pd, ma viceversa, e infatti il Pd tresca coi fascisti a Roma e coi mafiosi a Palermo, dice. Insomma, una ragione già più impegnativa di quella del collega Scilipoti.

E assieme a Scilipoti ha lasciato l’Italia dei Valori anche Antonio Razzi, che con il compare condivide il dispiacere di essere rimasto ai margini, ma non la destinazione. «Ho aspettato mesi negli uffici dell’Idv per far passare le mie proposte sul bollino di qualità per i prodotti italiani o per il bollino sul passaporto...». Sua moglie è pure finita all’ospedale per il rincrescimento di vedere il marito abbandonato in anticamera. Ora basta, Razzi proseguirà la battaglia dei bollini in NoiSud, e aspetta indicazioni dal nuovo gruppo sulle fatali scelte del 14.

E quindi, non c’è trucco e non c’è inganno, figuriamoci il bonifico: non è che il Partito liberale concederà la sua fiducia per due soldi. Anche lì ci sono questioni di fondo. Paolo Guzzanti, unico parlamentare del Pli - coniatore del termine “mignottocrazia” a proposito del regime berlusconiano e consumatore di una sfavorevolissima aggettivazione nel tratteggio dell’ex capo - non esclude di tornare al sostegno del premier in cambio di una nuova legge elettorale e di un robusto piano di privatizzazioni. Che garanzie gli darà il premier, è piuttosto misterioso. Ma Guzzanti ascolterà e intanto respinge indignato le insinuazioni di chi lo accusa di essere in attesa del rinnovo del contratto di collaborazione con il Giornale (settemila euro netti al mese).

Sospettare è facile. Ma qui ognuno sta facendo calcoli ben più lungimiranti attorno al paese, al suo futuro, alla sua prosperità. Maurizio Grassano, entrato alla Camera al posto di Roberto Cota (eletto governatore del Piemonte), non venne accettato nel gruppo della Lega perché nel frattempo era stato indagato e arrestato per truffa ai danni del comune di Alessandria. Grassano passò al gruppo misto, poi in quello dei Liberaldemocratici, e cioè gli ex diniani in un primo tempo berlusconiani, in un secondo tempo neutri, in un terzo tempo più verso Berlusconi, in un quarto e forse definitivo tempo dentro al Terzo Polo con Casini-Fini-Rutelli. Grassano ha infine scelto l’Alleanza di Centro di Francesco Pionati, ex mezzobusto del Tg1, e da lì ha lanciato il suo appello per il governo e per il federalismo. La Lega ha applaudito. Pionati ha dettato l’epigrafe: «Ha fatto la scelta giusta nell’interesse del paese». E questo nonostante dieci giorni fa Grassano avesse firmato la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio avanzata dai Liberaldemocratici.

Sul quadrante della coscienza, del resto, batte sempre l’ora delle decisioni irrevocabili. La coscienza di chi è passato all’opposizione era gravata sotto il peso della tirannia di chi li aveva candidati. La coscienza di chi è passato in maggioranza ha sottoposto una più ampia gamma di urgenze. E non è finita qui: all’ultimo minuto qualcun altro dovrà farci i conti, senza derogare.

Los peones sono i manovali e i braccianti in lingua spagnola. In particolare i lavoratori giornalieri non qualificati, meticci o indios, che vivono in condizioni di estrema povertà. Peon, al singolare può voler dire anche pedina, esclusivamente quella degli scacchi. Naturalmente il significato originario è mutato nella lingua italiana degli ultimi decenni. Peones sono i parlamentari che non hanno peso nelle decisioni, ma il cui compito essenziale è alzare la mano per garantire il voto allo schieramento di cui fanno parte. Salvo sorprese....