lunedì 13 dicembre 2010

Cosa significa "serietà" ?

Articolo di Mattia Feltri, pubblicato sul quotidiano La Stampa in data 11/12/2010.

L’occasione mancata dopo una vita da peones

Deodato Scanderebech, già di Forza Italia, poi dell’Udc, poi di “Al centro con Scanderebech”, poi dell’Udc, poi del Pdl, oggi dell’Udc, non si capacita del perché lo accreditino di imminente salto della quaglia. «Spiace leggere ancora una volta il mio nome associato all’ignobile campagna acquisti. Voglio ribadire con estrema chiarezza che sono del tutto immune a questo genere di squallide pratiche. Voterò convintamente la mozione di sfiducia a Silvio Berlusconi», ha detto giovedì il deputato eletto in Piemonte. Sarà il curriculum, sarà una recente e non apologetica sentenza del Tar («l’onorevole Scanderebech ha tradito lo spirito della legge regionale, ha tradito gli elettori dell’Udc, ha tradito addirittura tutto il corpo elettorale...»), ma in effetti chiunque era in attesa dell’ultima carambola.

Ma non è certo Scanderebech il problema. Sono giorni così. Giorni di vasto ed estroso protagonismo, in cui emergono i parlamentari del sottoscala improvvisamente innalzati all’attico della politica. Domenico Scilipoti, dell’Italia dei Valori, è uscito dal partito perché due giorni fa, né uno in più né uno in meno, dopo trenta mesi da dipietrista si è sentito umiliato dal partito in cui credette e che in cambio «mai ha spinto una mia proposta di legge sull’agopuntura». Atterrito all’idea di un paese far west in tema di agopuntura, Scilipoti è approdato al Movimento di Responsabilità Nazionale insieme con l’ex veltroniano Massimo Calearo e con Bruno Cesario, ex democrisatiano. I tre non hanno ancora un’intesa su che fare martedì, ma la troveranno. Intanto, però, Cesario ha spiegato di non essere stato lui a lasciare il Pd, ma viceversa, e infatti il Pd tresca coi fascisti a Roma e coi mafiosi a Palermo, dice. Insomma, una ragione già più impegnativa di quella del collega Scilipoti.

E assieme a Scilipoti ha lasciato l’Italia dei Valori anche Antonio Razzi, che con il compare condivide il dispiacere di essere rimasto ai margini, ma non la destinazione. «Ho aspettato mesi negli uffici dell’Idv per far passare le mie proposte sul bollino di qualità per i prodotti italiani o per il bollino sul passaporto...». Sua moglie è pure finita all’ospedale per il rincrescimento di vedere il marito abbandonato in anticamera. Ora basta, Razzi proseguirà la battaglia dei bollini in NoiSud, e aspetta indicazioni dal nuovo gruppo sulle fatali scelte del 14.

E quindi, non c’è trucco e non c’è inganno, figuriamoci il bonifico: non è che il Partito liberale concederà la sua fiducia per due soldi. Anche lì ci sono questioni di fondo. Paolo Guzzanti, unico parlamentare del Pli - coniatore del termine “mignottocrazia” a proposito del regime berlusconiano e consumatore di una sfavorevolissima aggettivazione nel tratteggio dell’ex capo - non esclude di tornare al sostegno del premier in cambio di una nuova legge elettorale e di un robusto piano di privatizzazioni. Che garanzie gli darà il premier, è piuttosto misterioso. Ma Guzzanti ascolterà e intanto respinge indignato le insinuazioni di chi lo accusa di essere in attesa del rinnovo del contratto di collaborazione con il Giornale (settemila euro netti al mese).

Sospettare è facile. Ma qui ognuno sta facendo calcoli ben più lungimiranti attorno al paese, al suo futuro, alla sua prosperità. Maurizio Grassano, entrato alla Camera al posto di Roberto Cota (eletto governatore del Piemonte), non venne accettato nel gruppo della Lega perché nel frattempo era stato indagato e arrestato per truffa ai danni del comune di Alessandria. Grassano passò al gruppo misto, poi in quello dei Liberaldemocratici, e cioè gli ex diniani in un primo tempo berlusconiani, in un secondo tempo neutri, in un terzo tempo più verso Berlusconi, in un quarto e forse definitivo tempo dentro al Terzo Polo con Casini-Fini-Rutelli. Grassano ha infine scelto l’Alleanza di Centro di Francesco Pionati, ex mezzobusto del Tg1, e da lì ha lanciato il suo appello per il governo e per il federalismo. La Lega ha applaudito. Pionati ha dettato l’epigrafe: «Ha fatto la scelta giusta nell’interesse del paese». E questo nonostante dieci giorni fa Grassano avesse firmato la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio avanzata dai Liberaldemocratici.

Sul quadrante della coscienza, del resto, batte sempre l’ora delle decisioni irrevocabili. La coscienza di chi è passato all’opposizione era gravata sotto il peso della tirannia di chi li aveva candidati. La coscienza di chi è passato in maggioranza ha sottoposto una più ampia gamma di urgenze. E non è finita qui: all’ultimo minuto qualcun altro dovrà farci i conti, senza derogare.

Los peones sono i manovali e i braccianti in lingua spagnola. In particolare i lavoratori giornalieri non qualificati, meticci o indios, che vivono in condizioni di estrema povertà. Peon, al singolare può voler dire anche pedina, esclusivamente quella degli scacchi. Naturalmente il significato originario è mutato nella lingua italiana degli ultimi decenni. Peones sono i parlamentari che non hanno peso nelle decisioni, ma il cui compito essenziale è alzare la mano per garantire il voto allo schieramento di cui fanno parte. Salvo sorprese....

1 commento:

  1. Grazie Ste per averci posto all'attenzione questo articolo semi-ironico con note di amarezza.
    è sicuramente ragione di un sorriso e l'ho molto apprezzato soprattutto dopo che, passeggiando per Covent Garden, ho ricevuto la notizia (via sms dal papà di Silvia) che il nano aveva avuto la fiducia.
    Che sgomento, ma soprattutto che sconforto.
    e oggi, al TG (lasciamo perdere quale) ho visto le immagini ieri del parlamento, dove si vede B. che dopo il voto, tutto goduto e beato, scende tra la folla con quel suo sorriso del cazzo a stringere mani.
    Ogni stretta di mano, probabilmente sono qualche migliaio di euro.
    Mi è venuto da piangere. Tranquillo, mi commuovo anche per cose per cui vale più la pena, ma vedere come l'Italia sia caduta in mano ad una dittatura da ormai 17 anni e come questo processo sia stato abile, meschino e tatticamente perfetto.. questo fatto mi lascia impotente, triste, arrabbiato, disarmato, allibito, stupito, incredulo, amareggiato, scazzato e svogliato.
    Siamo davvero così? L'unica cosa che sappiamo fare è lasciare spazio libera a 4 vandali che distruggono il centro di Roma? o a 4 politici che distruggono l'Italia intera?
    Io non ci sto, ma anche se non ci sto, poco cambia.
    Quale è il nostro margine di azione in un momento buio come questo?
    ma, d'altro canto, quale momento migliore, se non questo dei 150 anni dell'unità nazionale, per riprendersi in mano l'italia, rovesciare questa seconda repubblica delle banane e fare entrare uno spiraglio di freschezza in questa nostra Italia così marcia, decadente, medievale, mafiosa e derisa da molti?
    Come possiamo fare?
    Io direi innanzitutto di incontrarci per parlarne.
    chi ci sta lo dica.
    buona giornata

    RispondiElimina